I Thirsenoisin

Intanto, in preda a queste riflessioni, era giunto in vista al recinto dove Rumisu si apprestava a liberare  le sue greggi per condurle al pascolo. Lo vide, prima anche che sentirlo, raggruppare gli animali, con quei movimenti e quei richiami che un pastore ripete con la solennità che gli proviene dall’innato costume a dominare le greggi, ma senza violenza o malanimo, quasi con amore, come se animali e uomini fossero una sola entità, sacra e da rispettare. Al contrario del fratello,  Rumisu si era da subito dedicato alla cura delle greggi, con tutta l’anima e con tutto se stesso. Avevano sposato due sorelle e sua moglie gli  aveva già dato due figli, un maschio e una femmina.

«Bentornato, padre!» esclamò quando fu a portata di voce.

No, Rumisu non c’entrava per niente in quella brutta storia. Era rimasto sorpreso anche lui per il gesto del fratello. Gli aveva letto ancora  l’incredulità e la sorpresa nel viso, quando Damasu era fuggito via, e lui finalmente, passato

quel drammatico istante, si era reso conto di tutto e si era guardato attorno, per vedere se il pericolo fosse cessato con la fuga del suo mancato assassino.

«Grazie figlio mio. Mi aiuti a scegliere due caprette da immolare agli dei delle acque per richiedere  la guarigione di Elki? Sceglile tra le mie, naturalmente.»

«Se permettete, padre, vorrei sceglierne due delle mie. Voglio offrirle io in sacrificio.»

«Sì, certo! Agli dei piaceranno doppiamente!» assentì con intimo giubilo Itzoccar. «Mandamele con uno dei servi alla residenza dei sacerdoti, giù al pozzo sacro! »

«Sarà fatto!»

«Vienimi a trovare coi tuoi figli quando sarai rientrato dai pascoli!»

«Va bene» rispose Rumisu salutando il padre, che subito si avviò in direzione del pozzo sacro.

I Giganti dell’Amazzonia

Sino al 1975 nessuno li aveva mai neppure visti, neppure i mitici fratelli Villa-Boas.

Poi il governo brasiliano lanciò un programma umanitario grazie al quale i Kreen-Akrore entrarono in contatto con il c.d. mondo civilizzato.

Nel giro di pochi anno dei 250 individui censiti, ne morirono quasi 200, a causa di malattie per le quali non avevano mai sviluppato gli opportuni anticorpi.

Poi, poco a poco, i Paranà (come pure son chiamati i Keen-Akrore), tornati nel mato Grosso, loro ambiente originario, si sono ripresi ed ora si contano ben 350  individui.

I Keen-Akrore sono chiamati anche “The Indians Giants”. Essi sono infatti decisamente più alti della media degli Indios dell’Amazzonia, approssimandosi ad una statura media di quasi un metro e settanta.

Questo popolo, caratterizzato da una grande timidezza, porta i capelli molto corti ed era convinto, sino al 1975, che nel mondo esistessero solo gli Indiani dell’Amazzonia.

I Kreen-Akrore, tuttavia, sono alquanto diversi dalle altre tribù che vivono nell’Amazzonia, e non solo per i capelli, che soltanto loro portano corti. Essi, inoltre, coltivano banane e cereali, ma non con il sistema del “taglia e brucia”, tipico delle altre tribù, ma bensì in maniera sistematica e stabile.

Essi mangiano inoltre carne di scimmia e utilizzano frecce, asce e bastoni, più per cacciare che per l’autodifesa, in quanto evitano ogni contatto possibile con l’esterno.

Purtroppo per loro sono gli altri (ed in particolare noi occidentali, cc.dd. civilizzati) a cercare i contatti. Anche a costo del loro sterminio.

Il popolo senza nome

people nameless

E’ con grande emozione che apprendo dell’esistenza di un popolo che vive nella foresta pluviale del Perù e che entra in contatto con il resto del mondo per la prima volta.

Una bella sorpresa  per gli antropologi, che avranno un grande e bel daffare nello studio di questa tribù. Io, da profano, mi chiedo:   su cosa si regge il loro mondo? In cosa credono, cosa pensano, cosa sognano?

Mentre noi scriviamo al computer e programmiamo di volare oltre il sistema solare, questo popolo vive ancora l’età di pietra: i loro usi e costumi sono immutati da millenni.

Si stima che in Perù siano almeno le tribù di origine asiatica (giunti nel continente 9000 anni prima di Cristo attraverso lo stretto di Bering) che vivono isolate dal resto del mondo, in uno stadio di civiltà arcaica.

Il popolo senza nome parla una lingua completamente sconosciuta che non prevede comunque una definizione di se stessi. Un popolo senza nome, per l’appunto.

Quando un popolo entra in contatto con noi, dopo millenni di isolamento, è a forte rischio di epidemia, in quanto i loro organismi non hanno gli anticorpi per respingere le malattie di cui noi soffriamo.

Inoltre il rischio della loro estinzione è incrementato da una politica irriguardosa condotta dal Governo nazionale peruviano nei loro confronti, che prevede la concessione delle terre da loro occupate per la ricerca e lo sfruttamento delle fonti energetiche (soprattutto petrolio).

Non voglio fare una impossibile graduatoria fra la nostra civiltà e la loro: probabilmente gli svantaggi ed i vantaggi si compenserebbero; anzi, per certi versi li invidio al punto che, se non fosse per quel Gesù, giunto 2000 fa sulla Terra per svelarci la verità del Dio Unico e Misericordioso, quasi, quasi, preferirei vivere nella innocente incoscienza.

Per saperne di più:

http://www.dailymail.co.uk/news/article-1332416/emailArticle.html

Solo duecento anni ancora!

hawkinsEppoi la Terra non esisterà più! Questo è l’allarme lanciato dal grande scienziato astrofisico Stephen Hawking nel corso di un’intervista rilasciata ad un Canale Televisivo WEB.

Secondo lo scienziato è molto probabile che l’umanità vada incontro ad una catastrofe nucleare, o comunque ad una sorta di autodistruzione nel giro di due secoli.

Ma se riuscisse ad evitare tale catastrofe(con le necessarie capacità di mediazione) la sola via di scampo sarebbe la conquista dello Spazio.

E’ questo dunque il destino dell’Umanità: colonizzare lo Spazio per esportarvi la nostra civiltà che altrimenti si estinguerebbe e finirebbe sulla Terra.

Per saperne di più:

http://www.dailymail.co.uk/sciencetech/article-1301482/emailArticle.html